I talenti delle donne by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Dragomanni
pubblicato: 2023-11-14T23:00:00+00:00

Di che colore è una banana?

a. Schiavi

b. Una nave frigorifero

c. Provala. Nera è dolce.

La banana sta alla storia come:

a. Il denaro sta al colonialismo

b. Il verde sta al giallo sta al nero

c. La Standard Oil sta a punto di vista

Quando la mia vicina di Parma cominciò a perdere la sua decennale lotta contro il cancro al seno, mi offrii di far parte del gruppo di amici che l’avrebbero aiutata a morire a casa. Ogni mattina, quando il medico e le infermiere si affollavano all’ingresso, stipandosi nel bagno per lavarsi le mani prima di misurarle la febbre e la pressione, di darle la morfina e di lavarla, arrivavo io a massaggiarle i piedi. Non importa quanto a lungo le premessi la pelle, le mobilizzassi delicatamente le dita, le mettessi la crema e le facessi scorrere i pollici sotto le arcate: per lei non era mai abbastanza. Spesso durante il massaggio dormiva, ma non appena mi fermavo, i suoi occhi si aprivano all’istante. Diceva sempre la stessa cosa: Di già? Hai già finito?

L’ultimo giorno, tra noi che la seguivamo le telefonate si intensificarono. La sua padrona di casa, ebrea, ci disse che dovevamo preparare un sudario di lino. Anche se aveva chiesto di essere cremata, e il rabbino non voleva celebrare la cerimonia di sepoltura perché la cremazione era contro la legge ebraica, dovevamo comunque trovare il lenzuolo di lino. Era la regola e la prassi. Una donna avrebbe lavato la nostra cara vicina, per poi ungerle il corpo con olii preziosi. Il suo capo rasato, dalla forma perfetta, sarebbe stato coperto e il corpo avvolto come quello di una neonata in fasce. Il suo letto sarebbe stato spostato al centro del soggiorno, dove sarebbe rimasta esposta. La notte prima l’amica che la assisteva aveva aperto la finestra per fare entrare la luce della luna piena. Sul letto la luce era quasi accecante, ci disse. Non morbida, soffusa. Come un faro puntato dritto su di lei.

La mia vicina aveva voluto lasciarmi una pashmina rossa. Era di un rosso così intenso che non riuscivo a metterla senza che mi sembrasse di andare a fuoco. Lei non voleva morire. Aveva una cinquantina d’anni. Circa sei settimane prima della sua morte aveva organizzato una festa. Aveva ingaggiato dei musicisti. Ci eravamo presi sottobraccio, ballando sempre più veloci, mentre i musicisti suonavano Hava nagila, che in ebraico significa «rallegriamoci», finché non ci erano venuti il fiatone e le vertigini. Anche nei suoi ultimi giorni, continuò con le lezioni di ebraico. Voleva conoscere la lingua parlata da Dio. Si arrabbiava, se il suo insegnante non scandiva le parole. Ho perso la vista, gli diceva, deve leggere lei per me. Non ho più molto tempo per imparare.

La pashmina l’ho data via. Una decisione che mi perseguita. Non sopportavo quella sensazione di fiamme sul collo. Vorrei poter dire che è stata la tristezza a farmelo fare. Lei voleva vivere e l’intensità del suo desiderio era febbrile, feroce: quel rosso era acceso come sangue che sgorgava, la cui forza vitale si stava spegnendo.

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